martedì 23 febbraio 2016

Laboratorio "Metodi e tecniche della ricerca archeologica"

«A volte noi archeologi veniamo rappresentati così, con le fruste e le pistole. Oppure la prima cosa che ci chiedono è se scaviamo i dinosauri». Maurizio Battisti, archeologo e collaboratore del Museo Civico di Rovereto, sorride bonariamente proiettando la prima slide della sua presentazione del laboratorio promosso da Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza: Lara Croft ed Indiana Jones che si sbracciano pericolosamente da qualche rovina traballante. 

La sua è una provocazione per sfatare il primo dei tanti miti pop sul mestiere dell’archeologo, ma gli alunni della classe III A della Scuola Primaria di Folgaria non sono certo impreparati: «Ma nooo… userete invece il badile… e poi i dinosauri li scava il paleontologo». Niente male come inizio! Metodi e tecniche della ricerca archeologica, questo il titolo del laboratorio, è partito subito col piede giusto. 


Che l’archeologia interessi per lo più i maschi, e magari solo nella sua forma più cinematografica, si rivela subito un falso mito, almeno in questa classe. Per tutta la durata della presentazione introduttiva le domande e gli interventi si susseguono senza sosta, sia da parte dei bambini che delle bambine. 

Le informazioni che Maurizio cerca loro di trasmettere sono molto elementari: che cosa fa un archeologo, qual è la differenza tra un reperto naturale ed un manufatto, quali sono gli strumenti di base. Ma l’interesse non diminuisce affatto anche quando si passa a concetti forse all’apparenza un po’ più ostici, come la stratigrafia o le fasi di catalogazione dei reperti. 

Le domande e i contributi non si fermano mai ed io per primo imparo, dalle domande ma anche dalle risposte dei bambini, una serie di nozioni notevoli circa i diversi tipi di sepoltura di epoca primitiva. Le diapositive di due scheletri ritrovati in due diverse tombe aprono una vera e propria discussione su come e perché variassero le disposizioni dei corpi e sulle differenze anatomiche dalle quali si può riconoscere il sesso del defunto. 


Al termine della presentazione si passa alla parte pratica, lo scavo concreto di alcune riproduzioni di reperti. Ora l’entusiasmo è alle stelle: le facce dei bambini sembrano dire «e chi se l’aspettava che si sarebbe scavato veramente? E poi, qui in classe? ». In fondo alla stanza vengono messe due cassette di plastica piene di terra, divisa al proprio interno in tre strati da teli di nylon. 

I bambini vengono divisi in sei squadre da due: mentre due di loro rimuovono e setacciano la terra del primo strato, gli altri quattro dovranno catalogare i reperti, suddivisi per strato di ritrovamento, ed etichettarli con delle vere targhette da archeologo, fornite da Maurizio. Pur cercando di mantenere un po’ di ordine, tutti si accalcano sui contenitori di terra e fa davvero effetto vedere tutti, con le mani sporche e impolverate, estrarre tanti oggetti diversi, dalle monete ai cocci di vaso, fino alle ossa e alle mandibole di animale. 


Si sentono urla di trionfo ed i reperti vengono portati a catalogare tenendoli ben alti sopra la testa: che tutti vedono che cosa c’era nella nostra cassetta! Quando ormai tutti hanno partecipato allo scavo di uno strato, gli oggetti, disposti su tre file di banchi per tenere ben separati i tre strati di ritrovamento, vengono ricopiati e descritti brevemente su delle schede apposite; si farà così un piccolo inventario dei reperti. 

Quanto emerge al termine del lavoro è che ad ogni strato corrispondeva un periodo storico ben definito: il medioevo, l’epoca romana e la preistoria ed è di grande efficacia didattica poter constatare, con una immediata comparazione visiva degli oggetti, la differenza nella loro manifattura. Una semplice ma importante osservazione, in maniera sincronica, della distanza e dello scorrere del tempo. 


Non sappiamo chi, fra gli alunni della terza elementare, sarà rimasto così impressionato da sognare un giorno di fare anche lui l’archeologo, ma certo è che a tutti, noi compresi, il tempo del laboratorio è sembrato scorrere davvero in fretta e per una volta i bambini non hanno avuto nulla da obiettare nemmeno sul fare ordine; si sono prestati tutti volentieri a rimettere la terra dai secchi nelle cassette e a riporre in esse i reperti. 

Ma l’immagine più efficace della riuscita di questo laboratorio sono forse il sorriso e il pollice alzato verso Maurizio di una giovane studentessa che ha voluto salutare così, pensando già con trepidazione che il giorno dopo sarebbero andati tutti in visita al museo.

Cronaca e fotografie di Alessandro B. per Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza

Laboratorio "Mimolamusica"

Lunedì 22 febbraio, durante il viaggio che mi portava a Folgaria per assistere al laboratorio che Luca Brunoro avrebbe tenuto nella seconda classe della Scuola Primaria, cercavo di immaginare come  si sarebbe potuto svolgere Mìmolamùsica, un'altra proposta del calendario delle attività di Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza. Un titolo creativo ma immediatamente comprensibile nelle parole che lo compongono. Ciò che vagava indistintamente per la mia testa era una qualche forma di ballo, un seguire un ritmo in coordinazione con un brano musicale. 

Niente di particolarmente originale, insomma. Eppure non ero convinto; perché scegliere esplicitamente l’arte del mimo se poi ci si limita a ballare? Quando, insieme alla classe e all’insegnante Marta Rech, sono entrato nell’aula di educazione fisica, la mia curiosità non ha fatto che crescere: tutto ciò che Luca aveva allestito, oltrre al posizionamento di un registratore, erano delle strisce di nastro adesivo sul pavimento, ad eguale distanza. 


Dopo le presentazioni, l’operatore ha chiesto ai bambini di disporsi per file parallele alla distanza fissata dal nastro e dalla lunghezza delle loro braccia ed ha mostrato quali semplici gesti avrebbe adottato per dirigere i loro movimenti. Un direttore di movimenti. Ma certo! Mìmolamùsica: i bambini dovranno interpretare la musica, essere la musica, tante note disposte su un pentagramma musicale. 

Come in ogni corso di musica non si può partire subito dall’esecuzione; occorrono nozioni di teoria musicale ed è proprio così che Luca Brunoro è voluto partire. La musica l’avremmo sentita solo nella seconda parte del laboratorio: prima bisognava avvicinarsi al nostro rapporto con la musica, al rapporto che le note hanno fra di loro e al rapporto che il direttore ha con la propria orchestra. Solo così si poteva giungere all’armonia. I bambini erano molto incuriositi da quel signore che parlava con loro quasi più a gesti che a parole. 


Gesti immediati e divertenti, pensati per compiere azioni semplici, come sedersi e rialzarsi, mimando il cric dell’automobile. Gesti pensati per scegliere dei tempi; i tempi in cui parlare e in cui fare silenzio, in cui battere le mani e in cui saltare urlando improvvisamente. La nostra esperienza ci permette di distinguere subito e senza difficoltà la musica da un’indistinta accozzaglia di suoni e ad una melodia che ci piace “prestiamo orecchio”. Inizialmente lo faremo in modo superficiale ma quando essa penetrerà più a fondo allora le dedicheremo la nostra attenzione. 

Il passaggio non è semplicemente linguistico perché il punto d’arrivo è la concentrazione della mente. Ed ecco uno degli obiettivi del laboratorio: la capacità di attenzione e la coordinazione dei movimenti. Non sarà un caso, quindi, che ci troviamo in una piccola palestra e non in un’aula di musica. Come lo stesso operatore ci suggerisce dalla sua pagina personale (http://www.lucabrunoro.it/mimolamusica/), possiamo trovare tanta ispirazione dalle parole della musica per la vita di tutti i giorni, come “accordarsi” e “andare d’accordo”. 


Sarà anche in questo modo che una classe di bambini potrà efficacemente mimare la musica, andando d’accordo, giocando ad essere un canzone. A cosa è servito saltare, accucciarsi, immaginare di schiacciare un uovo o di accompagnare il sole che sorge? È questo il momento di accendere la radio, per seguire, nel coro dei gesti e delle mani che battono, un branco di delfini che schizzano in aria dalla schiuma del mare.

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Cronaca e fotografie di Alessandro B. per Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza

sabato 20 febbraio 2016

Laboratorio "Cantiere Giornale" 2016

Siete mai stati in un cantiere? E che cos’è un giornale? Lo scopriranno presto gli studenti e le studentesse della II media di Lavarone. Tutto è pronto, infatti, per dare il via al laboratorio "Cantiere Giornale", condotto dalla giornalista Emanuela Macrì.

Una nuova edizione per un laboratorio già proposto durante lo scorso anno scolastico presso le scuole primarie di Lavarone e Folgaria (http://progettoapertamente.blogspot.it/2015/03/laboratorio-cantiere-giornale.html) dove aule trasformate in piccole redazioni e tante penne all'opera, hanno scritto qualche pagina importante nella storia del progetto Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza.

Ma perchè "Cantiere Giornale"? Perché una redazione, si scoprirà, può essere paragonata ad un cantiere edile: le notizie, grazie al lavoro organizzato di giornaliste e giornalisti, diventano articoli e contribuiscono a costruire una sorta di edificio, quel giornale protagonista della seconda domanda iniziale. 

Durante il primo incontro dei tre previsti per il laboratorio didattico  i ragazzi e le ragazze, in compagnia delle maestre, potranno iniziare ad esplorare l’universo delle pubblicazioni, scoprendo le finalità di una testata giornalistica, tra tipologie e peculiarità, edizioni cartacee e web. 

foto fonte web

Due ore per scoprire come e dove nasce un giornale, come si struttura la prima pagina di un quotidiano e quale differenza c’è tra una recensione, un’intervista e un reportage; un primo incontro per trasformare l’aula in una redazione e, i giovani studenti, in aspiranti giornalisti!

Nelle settimane seguenti, dopo aver scelto il nome della testata, nominato un direttore o direttrice e deciso la suddiviso la classe in gruppi di lavoro,  le aule torneranno a trasformarsi in piccole redazioni e i testi elaborati dagli aspiranti redattori diverranno un giornale cartaceo tutto da leggere!

Il lavoro, ultimato, del "Cantiere Giornale" delle classi V 
delle Scuole Primarie di  Lavarone e Folgaria

Il lavoro, ultimato, del "Cantiere Giornale" delle classi V 
delle Scuole Primarie di  Lavarone e Folgaria


Gli appuntamenti di "Cantiere Giornale":

> Giovedì 25 febbraio, 03 e 31 marzo 2016 
presso la Scuola Media di Lavarone, classe II

 > In date da definire, aprile 2016
presso la Scuola Media di Folgaria, classe II

martedì 16 febbraio 2016

Laboratorio "Disegnare i fiori"

Il primo febbraio l'operatrice Paola Conzatti del Museo Civico di Rovereto ha raggiunto gli alunni della seconda classe della Scuola Primaria di Folgaria al termine della pausa pranzo, per passare con loro in maniera creativa e rilassante le ultime due ore del pomeriggio. Portava con sé alcune scatole di matite e… tanti vasi di fiori. Fiori veri, primule e violette.

Disegnare i fiori era,  infatti,  non solo il titolo ma anche l’obiettivo principale del laboratorio. In linea con gli obiettivi di Aperta-Mente. La divulgazione per ragazzi tra scienza e conoscenza, l'attività proposta si è presentata come un collante tra diverse discipline (in questo caso le scienze e l'educazione artistica) per consolidare, attraverso l'osservazione dal vero e l’espressione manuale, le prime conoscenze sul mondo delle piante affrontate dall'insegnante Marta Rech. 


Facendo leva sullo spontaneo interesse dei bambini per il disegno, Paola li ha invitati, per prima cosa, ad esaminare da vicino, toccandoli con mano, i vasi di primule e di violette. Si prefiggeva, infatti, di avvicinare i bambini al ritratto dal vero, non al semplice disegno di fantasia. Saper osservare la natura per poterla ricopiare al meglio, ha spiegato Paola, fino a poco tempo fa rappresentava l'unico modo per documentare ciò che veniva visto, quando ancora non esistevano le macchine fotografiche.  

Essere abili disegnatori rappresentava, quindi, anche una necessità e tale abilità non richiedeva per forza doti straordinarie ma, prima di tutto, un occhio attento e la conoscenza di qualche trucco.  Il più importante è certamente quello di scoprire, nelle piante di fronte a sé, quali figure geometriche di base vi si nascondono: cerchio, triangolo, quadrato o rettangolo. Scomporre il fiore in poligoni semplici è infatti un valido aiuto per tracciare poi, con maggior precisione, i dettagli di una corolla o di un petalo.  


Dopo le prime reticenze e un po' di sorpresa, i bambini erano contenti di notare come le loro primule disegnate erano un po' più rotonde, un po' più simmetriche di quel primo tentativo fatto a mano libera. A questo proposito, un altro punto sul quale l’operatrice ha più volte insistito è stato quello di non usare la gomma. Gli schizzi, le prove, i prototipi, sono un elemento fondamentale; cancellare continuamente i passaggi che possono portare ad un bel risultato finale non aiuta a capire dove intervenire per la necessaria correzione dei propri disegni.  

Scoprire la geometria nella natura, però, non è soltanto un accorgimento per imparare a disegnare; è una vera e propria mappa per condurci a conoscenze che ci appaiono invisibili. «Chi sa quanti petali ha un fiore di melo?» ha chiesto Paola. Di fronte alla risposte più disparate è bastato tagliare una mela per rivelare in un colpo solo due piccole magie. Al centro della sezione trasversale del frutto si trova una stella a cinque punte: sono i cinque carpelli che contengono i semi e sono tanti quanti erano i petali del fiore dal quale si sono sviluppati.


La seconda parte del laboratorio Disegnare i fiori si è tenuta il quindici febbraio e questa volta l’attenzione si è spostata sui colori e sulle tecniche di colorazione. Dopo aver ripreso le nozioni basilari dell’incontro precedente, mostrando come anche per soggetti diversi dai fiori e spesso più complessi, come gli animali, valessero gli stessi accorgimenti geometrici, Paola è passata a illustrare brevemente l’origine dei colori, mostrando una serie di pigmenti di base e le diverse forme in cui si possono trovare gli acquerelli. Ai bambini, poi, sono state consegnate delle matite acquerellabili. 

La scelta è caduta su questo tipo di strumento per la sua versatilità; esse permettono infatti di disegnare e di eseguire una prima colorazione come dei normali colori a matita. In seguito, passando sopra il foglio con un pennello umido, i colori si sciolgono leggermente trasformandosi in un vero e proprio acquerello limitando di molto l’inconveniente di una eccessiva diluizione. A seconda che si voglia una maggiore o minore intensità e sfumatura basterà ripassare col pennello e si potrà persino andare a “togliere” colore dal proprio disegno come da una tavolozza, per andare ad aggiungerlo ad un’altra parte del foglio. 

Un’altra piccola magia. Benché la tendenza degli alunni fosse di riempire tutto il disegno con le matite, all’invito di Paola ad usarle il meno possibile, per sfruttare piuttosto l’effetto acquerello, si sono messi all’opera meravigliandosi non poco di come anche quei loro disegni di bambini potevano trasformarsi, con un po’ di accuratezza, in fiori e animali dall’aspetto di piccoli quadretti. 


La ricchezza delle sfumature delle matite acquerellabili ha dato risultati davvero sorprendenti, soprattutto per la facilità con cui permettono di superare l’accostamento piuttosto grossolano tipico delle matite, in cui i colori sembrano sempre “vicini” ma mai abbastanza amalgamati. 

Molti degli alunni, alla fine del laboratorio, hanno insistito per poter portare a casa i propri disegni, di cui andavano a ragione orgogliosi, per mostrarli ai propri genitori e specialmente coloro che, normalmente, non avevano dimostrato particolare interesse per il disegno e che tanto più, ora, sorridevano nel sentirsi un poco più capaci.

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Cronaca e fotografie di Alessandro B. per Aperta-Mente. La divulgazione tra scienza e conoscenza